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Nel 1919 vennero creati i fasci di combattimento, un movimento che promuoveva idee contro la chiesa, la monarchia, al bolscevismo e al socialismo. Questo movimento aveva a capo Benito Mussolini, un socialista rivoluzionario che lavorava per il giornale (socialista) "L'Avanti". Venne cacciato in quanto promosse l'entrata in guerra italiana, a differenza della maggioranza socialista.
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Mussolini, nel tentativo di entrare nella politica, trasformò il movimento dei Fasci di Combattimento nel "Partito Nazionale Fascista".
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Il 26 ottobre 1922 i rappresentanti del partito si riunirono a Napoli per una grande manifestazione di potere. Qui il Duce dichiarò che, se il governo non avesse concesso il potere ai fascisti, questi sarebbero marciati su Roma.
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Il 28 ottobre 1922 26000 camicie nere, divise in battaglioni avanzarono verso la capitale da direzioni differenti, ma essendo praticamente disarmati e disorganizzati l'esercito riuscì a impedire alla maggior numero di fascisti di entrare a Roma. Così i fascisti sembravano non avere più speranze, ma quando questi sembrarono cedere definitivamente, il re decise di NON firmare il decreto di stato di assedio, lasciando avanzare i fascisti.
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Il 29 ottobre 1922 Mussolini giunse in treno a Roma e gli venne affidato il potere.
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Mussolini diventò il capo del governo italiano dopo vinse le elezioni legislative. Il suo partito diventò il partito unico del l'Italia.
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Giacomo Matteotti, segretario del partito socialista unificato, denuncia alla Camera i soprusi e i crimini perpetrati dai fascisti durante la campagna elettorale.
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Giacomo Matteotti viene rapito e ucciso a Roma dai fascisti.
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