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Nella bella villa MASTROGIUDICE nasce Torquato, mentre il padre BERNARDO (discendente da una nota famiglia bergamasca) si trovava in Piemonte al servizio del principe di Salerno, FERRANTE SANSEVERINO. La madre, PORZIA DE' ROSSI, era una nobildonna di origine toscana.
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Periodo di tranquillità
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Il padre conduce la famiglia a NAPOLI, prevedendo di doversi assentare di nuovo al seguito del Sanseverino. Qui Torquato studia in una scuola tenuta dai GESUITI, mentre la sorella resta provvisoriamente in un monastero di Sorrento.
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Mentre la madra e la sorella venivano ospitate nel monastero di S. Festo, Torquato a Roma soffre per il trauma della separazione dalla madre, in parte lenito dalla speranza di un precoce ricongiungimento e dallo studio.
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La morte improvvisa della madre lascia una traccia di profonda sofferenza entro un’infanzia già movimentata e difficile. A Bergamo è confortato dall'amicizia con il cugino CRISTOFORO con cui condivide l'esperienza dello studio.
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Si legò qui a Francesco Maria della Rovere, erede del duca Guidubaldo, con il quale condivise una stagione di studi. Nei mesi trascorsi tra Pesaro e la corte di Urbino, il Tassino (come veniva allora chiamato per distinguerlo dal padreBernardo) mostrò doti straordinarie di precocità, impegnandosi nello studio dei classici, del latino e del greco (lingua che tuttavia non conobbe mai in modo approfondito); strinse inoltre contatti con letterati che orientarono la sua prima formazione
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Le amicizie letterarie nella bella città lagunare e l'esercizio della correzione delle opere paterne in corso di stampa, nonchè la ricchezza culturale dell'ambiente pertano il Tassino a scrivere la sua prima opera letteraria, il "Gierusalemme", progetto presto abbandonato.
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Gli studi di diritto a Padova sono presto abbandonati per il manifestarsi della vocazione letteraria: le prime rime d'amore e il passaggio a Bologna, al seguito del maestro SIGONIO.
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Dal 1560 al 1561 studia a Padova, prima legge e poi filosofia; intanto scrive poesie d'amore per Lucrezia Bendidio, damigella di Eleonora d'Este.
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L'amore per la bella LAURA PEPERARA, il ritorno a BOLOGNA e la fuga per evitare un processo (accusato di essere autore di una satira contro studenti e professori dello Studio).
La partecipazione con il nome di "Pentito" alla Accademia degli Eterei a PADOVA (studi di filosofia). -
Al servizio prima del cardinale LUIGI d'ESTE e poi del duca ALFONSO
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FERRARA: la città simbolo dei suoi sentimenti contrastanti.
Vita alla corte estense: il suo compito è quello di scrivere, come cortigiano stipendiato prima dal cardinal Luigi d'Este e poi dal duca Alfonso. -
Il padre muore tra le braccia di Torquato a OSTIGLIA, città di cui era divenuto podestà e in cui aveva trascorso il periodo ultimo della vita in estrema miseria e in cattivo stato di salute.
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Conosce personalità illustri, tra cui il poeta RONSARD e si fa un'idea della Francia tutta personale
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I primi sintomi della malattia e dello squilibrio mentale che caratterizza l'ultimo ventennio della sua vita: febbrile peregrinazione o fuga di città in città; forme di violenza e manie di persecuzione
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A FERRARA pretese di essere esaminato dal locale inquisitore, con l’intenzione di dichiarare spontaneamente i suoi dubbi di fede. Il colloquio ebbe luogo il 7 giugno e il poeta venne giudicato innocente da ogni colpa di eresia
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Fuggito il 22 luglio dal monastero di S. Francesco (dove era stato recluso dopo varie manifestazioni di pazzia), si reca a Sorrento dalla sorella travestito da pastore, per verificarne l'affetto nonostante la lontananza.
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I sette anni che il poeta trascorse recluso, con un regime di controllo che nel tempo si attenuò senza tuttavia venire mai meno, sono un periodo cruciale, una cesura dopo la quale il percorso tassiano prese altra forma e indirizzo. Entro tratti costanti che caratterizzano il periodo di Sant’Anna, quali le continue richieste di clemenza, una confessione delle proprie colpe, si possono individuare periodi di serenità.
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Non è accolto come desiderava e neppure può vedere il duca Alfonso, troppo impoegnato per i preparativi per le nozze imminenti con Margherita Gonzaga: colto dalla sensazione di essere abbandonato da tutti, dà in escandescenze e ingiuria il duca e la corte, maledicendo la sua passata schiavitù. Viene rinchiuso nell'ospedale di Sant'Anna: è l'11 marzo e vi resterà 7 anni.
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Festeggiato dai letterati e visitato da illustri personaggi, ritrova per un certo tempo una relativa serenità alla corte dei Gonzaga; l'annuncio dell'arrivo del duca Alfonso e della moglie turba però il suo delicato equilibrio e lo porta a una nuova fuga
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In cerca di una dimora, si sposta continuamente tra MANTOVA, FIRENZE, ROMA, NAPOLI, dove si stabilisce nel monastero di San Severino e comincia un poema sulla vita di S.Benedetto.
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Tasso decise di spostarsi a Napoli nel corso del 1588, nel tentativo di recuperare l’eredità della madre, venendo a capo di una causa legale che si trascinava da molti anni.La condizione tassiana è testimoniata da questa lettera del primo luglio del 1588: «Il Signor Tasso è a Napoli, ben veduto, pregiato, ed accarezzato da tutti, ma e’ non vuole appoggiarsi a Signore alcuno...
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Rientrato a Roma su invito del papa per seere incoronato in Camidoglio (in seguito alle pressioni del cardinale ALDOBRANDINI), essendosi aggravato il precario stato di salute, nel mese di marzo, con il presentimento della morte ormai prossima, il poeta si fa condurre nel convento di S. ONOFRIO sul GIANICOLO, dove si prepara sereno al supremo colloquio con il cielo.