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Giovanni Verga nasce a Catania (o forse a Vizzini) in una famiglia benestante di proprietari terrieri. Grazie all'influenza dei suoi maestri matura l'interesse per la letteratura (legge Dante, Manzoni, ...) e la passione per gli ideali risorgimentali.
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All'arrivo di Garibaldi in Sicilia, il giovane Verga si arruola nella Guardia nazionale.
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Verga abbandona gli studi di legge, che aveva intrapreso per volontà del padre, e si reca a Firenze, nuova capitale del Regno d'Italia.
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A Firenze, Verga pubblica a puntate il romanzo "Storia di una capinera", che racconta le vicende di una ragazza costretta a farsi monaca e a rinunciare all'amore.
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Verga si trasferisce a Milano: qui viene in contatto con i vivaci ambienti mondani e culturali della città; scrive romanzi di passioni e tradimenti (considerati scandalodi per l'epoca); ma sopratutto conosce gli scrittori siciliani De Roberto e Capuana e con loro scopre la letteratura francese (in particolare i romanzi di Emile Zola).
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Verga pubblica la novella "Nedda", storia di una povera contadina siciliana: lo scrittore abbandona i romanzi di ambientazione borghese ed esprime, qui, per la prima volta la sua nostalgia per la terra d'origine, compiendo la sua svolta verso la letteratura verista. D'ora in poi l'ambientazione delle sue opere sarà la Sicilia contadina, i protagonisti saranno pescatori, minatori, braccianti; lo stile sarà oggettivo, senza giudizi o interventi da parte dell'autore.
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Verga pubblica la raccolta di novelle "Vita dei campi", tra cui "Rosso Malpelo". Progetta un ciclo di 5 romanzi ambientati in Sicilia, Il ciclo dei Vinti, che vuole raccontare l'inutile tentativo degli ultimi di riscattarsi dalla propria condizione: i vinti sono coloro che cercano di uscire dalla propria povertà, ma vengono sconfitti. Il primo romanzo di questo ciclo, "I Malavoglia", si rivela un insuccesso.
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Verga pubblica il secondo romanzo del Ciclo dei Vinti: "Mastro don Gesualdo", che racconta il fallimentare tentativo di un contadino che si è arricchito di farsi accettare dalla nobiltà. La fredda accoglienza da parte del pubblico delle sue opere probabilemte convince Verga ad abbandonare il progetto.
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Deluso, Verga torna a Catania e abbandona i suoi progetti di scrittura.
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Negli ultimi anni, Verga si ritira su posizioni politiche sempre più conservatrici, appoggiando la repressione della rivolta di Milano ad opera del generale Bava Beccaris (1898), l'avventura coloniale italiana, prima, e l'intervento nella prima guerra mondiale, poi. Muore a Catania nel 1922.