Indipendenza e insurrezione nella prima metà dell'Ottocento

  • Società segrete

    Vietato il dissenso, la lotta alla Restaurazione fu condotta da società segrete ispirate alla Massoneria del '700 (i cui adepti avevano militato per la causa costituzionale e deista). Erano per lo più liberali (Carboneria) o democratiche (Comuneros, Adelfi, Filadelfi) ma, in virtù del percorso iniziatico graduale e gerarchico, potevano prevedere step via via più radicali, fino alla rivoluzione "comunista"(Sublimi Maestri Perfetti). Avevano debole base: solo intellettuali, studenti e militari.
  • America Latina

    Nelle colonie spagnoli e portoghesi, alle declinanti forze governative si opponevano da tempo aspirazioni indipendentiste, che trovarono nuovo slancio con l'invasione napoleonica della Spagna. All'insofferenza contro la madrepatria si univa quella di indios, neri e meticci oppressi dalla minoranza creola. L'indipendenza politica venne ma, prive di modernizzazione socio-economica e unione politica, i deboli stati latino-americani degenerarono presto in dittature militari.
  • Venezuela

    La prima a raggiungere l'indipendenza fu la Repubblica del Venezuela, guidata da Miranda, un ufficiale che aveva combattuto la rivoluzione americana e francese ed era imbevuto degli ideali illuministici diffusi dalle società segrete. Qui come altrove (con l'importante eccezione del Messico) l'iniziativa non venne assunta dalla maggioranza oppressa da un regime di segregazione razziale ma dagli stessi creoli, ovvero dagli eredi dei conquistatori europei che reclamavano ora piena autonomia.
  • San Martìn

    Dopo una battuta d'arresto dovuta alla sconfitta di Napoleone nel '15, la lotta riprese (anche con l'appoggio di Gran Bretagna e Stati Uniti, attratti dalla speranza di subentrare agli spagnoli nel dominio dei territori sudamericani). San Martìn, un ufficiale spagnolo passato dalla parte dei ribelli, guidò vittoriosamente la lotta armata per l'indipendenza dell'Argentina, muovendo dal Paraguay (indipendente dal''11). La sua parabola proseguirà con la liberazione del Cile ('18) e del Perù ('21).
  • Bolívar

    Bolívar, un creolo di enormi doti politiche e militari, guidò vittoriosamente la lotta per l'indipendenza di Colombia ('19) e, successivamente, Equador ('22) e Bolivia ('25, che da lui prende il nome). Fallì il suo disegno di unificare in una repubblica federale sul modello statunitense la Gran Colombia (che avrebbe dovuto comprendere Colombia, Venezuela ed Ecuador). Anche l'Uruguay divenne indipendente ('28) e Bolívar, amareggiato, scelse la strada dell'esilio in Europa.
  • L'Italia la rivendica

    Anche nel Regno delle Due Sicilie i Borbone dovettero affrontare la rivolta: a Napoli quella carbonara guidata dal generale Pepe, a Palermo, subito stroncata, che vedeva uniti contadini e aristocratici nel chiedere l'indipendenza da Napoli.
    I carbonari insorsero anche nel Regno di Sardegna. Guidati da Santarosa, si illusero inizialmente di poter contare sull'appoggio del reggente Carlo Alberto.
    Nel Lombardo-Veneto la rivolta carbonara finì con l'arresto di Pellico e Maroncelli.
  • Spagna e Portogallo ottengono la Costituzione

    La rivolta esplose anche in madrepatria, a partire dalla Spagna, doveva la Restaurazione era stata più dura. Sotto la pressione dei Comuneros spagnoli Ferdinando VII, monarca con aspirazioni assolutistiche, fu costretto a ripristinare fini Spagna la Costituzione di Cadice del 1812. Il sovrano portoghese Giovanni VI, per una rapida reazione a catena, in estate dovette procedere similmente.
  • Interviene la Santa Alleanza

    I rivoltosi strapparono ad un riluttante Carlo Alberto la Costituzione di Cadice ma Metternich si erse a paladino dell'equilibrio conservatore europeo: convocati tre congressi, convinse l'Austria ad intervenire nel Lombardo-Veneto, a Napoli e in Sardegna (contando sull'appoggio di Carlo Alberto) e la Francia (ancora con appoggio sabaudo) ad intervenire in Spagna. In Portogallo, grazie anche alla presenza inglese, i conservatori locali attuarono autonomamente la repressione.
  • Messico

    L'iniziativa antispagnola fu assunta dagli indios che, con l'appoggio del clero (si pensi ai due sacerdoti Hidalgo e Morelos), chiedevano l'abolizione della schiavitù e la riforma agraria. Eppure furono i creoli ad ottenere l'indipendenza e fare del Messico un nuovo impero. Qui come altrove quindi l'indipendenza non significò né la fine della segregazione razziale né dei privilegi feudali. Emblematico il caso del Brasile, ultimo paese al mondo ad abolire la schiavitù solo nel 1888.
  • Brasile

    Originale fu il processo indipendentista del Brasile portoghese. Qui l'indipendenza fu proclamata direttamente dal reggente Pietro, figlio del sovrano portoghese che assunse così il titolo di imperatore (costituzionale) del Brasile.
  • Dottrina Monroe

    Gli USA di Monroe scelsero una politica estera isolazionista sintetizzabile nel motto "l'America agli Americani". Un netto "no" venne opposto all'ingerenza europea negli affari americani. Non avrebbero interferito nella politica europea ma intendevano assumere la leadership dell'intero continente americano, forti della vittoria dei repubblicani liberisti sul federalismo unionista e dell'espansione a Ovest (genocidio indiano) e Sud (acquisto Louisiana francese, conquista la Florida spagnola).
  • America centrale

    Gli ultimi territori che, staccatisi dal Messico insorto, erano ancora legati alla madrepatria - Guatemala, Salvador, Honduras, Nicaragua e Costa Rica (Panama era ancora legato alla Colombia) - si resero indipendenti e si unirono nella Federazione delle provincie unite dell'America centrale
  • La Grecia assolutista ottiene l'indipendenza

    Il moto indipendentista greco fu l'unico vittorioso degli anni '20: aveva contro un'impero la cui crisi (gli ottomani non controllavano più il nord Africa musulmano, figurarsi i Balcani perlopiù cristiani ortodossi, già in gran parte autonomi) faceva gola alle potenze europee. Queste aiutarono l'Etería, società segreta che seppe farsi popolare, a conquistare l'indipendenza ma il prezzo fu una monarchia assoluta fortemente indebitata che spaccò il fronte europeo e inaugurò la questione orientale.
  • Inghilterra liberale

    In controtendenza, in Inghilterra i moti insurrezionali furono ascoltati (dopo una dura repressione iniziale) dallo stesso governo che concesse la libertà di associazione sindacale: nacquero le Trade Unions. Negli anni '30 il ministro Peel estese il suffragio censitario (i cartisti chiesero invano il suffragio universale maschile), limitò le ore di lavoro, incrementò i sussidi per i poveri, abolì i dazi sul grano mentre Canning svincolò il paese dal sistema di alleanze "viennese".
  • Francia liberale

    I moti del '30 (meno estesi ma più incisivi di quelli del '20) partirono dalla Francia. Carlo X (ultimo Borbone) alleato a clero e aristocrazia tentò un colpo di stato ultra reazionario (sciolse le camere e indisse nuove elezioni dopo aver limitato stampa e voto). Il popolo appoggiato della borghesia liberale insorse nelle "gloriose" giornate di luglio e ottenne una Costituzione più avanzata (sovranità popolare e parlamentarismo). Luigi Filippo (Orleans) divenne re "per volontà della nazione".
  • Belgio indipendente

    Il "contagio" francese colpì il Belgio. Nel '15 questo territorio dinamico ed industriale era stato unito (e sacrificato) alla agricola e mercantile Olanda per formare, insieme al Lussemburgo, i Paesi Bassi. Ora invece un moto indipendentista guidato da borghesi liberali e clero cattolico ebbe la meglio. Nacque il regno del Belgio la cui corona spettò a Leopoldo di Sassonia-Coburgo.
  • Il principio di non intervento

    La Francia enuncia il principio di non intervento. Nessuno stato europeo dovrà intervenire per ingerire negli affari interni altrui (nemmeno in soccorso di un "legittimo" sovrano sotto minaccia): è la fine della logica della Restaurazione sancita dal Congresso di Vienna.
  • La Russia autoritaria

    In Russia furono duramente repressi sia i moti decabristi interni sia quelli indipendentisti polacchi. La Russia rafforzò ulteriormente il suo assolutismo monarchico e la sua forza imperialista in Polonia. La Francia, così come le altre potenze europee, si guardò bene dall'intervenire in favore degli insorti polacchi, che videro così ulteriormente ridotte le proprie libertà ed autonomie.
  • L'Austria autoritaria

    L'Austria non favorì affatto il principio di nazionalità che pur infiammava molti territori del suo multietnico impero. Lo si vide anche nei territori alleati dell'Italia centrale (dinasticamente: Modena, Reggio, Parma, Toscana o militarmente: Stato della Chiesa) dove fu stroncata la fiaccola liberale (Minotti). Nel frattempo ovunque divampava la carestia ed un'epidemia di colera che causò, nell'arco di un anno, oltre 100.00 morti in tutta Europa.
  • La fine dell'equilibrio "viennese"

    Mentre Spagna e Portogallo vivevano una svolta liberale, l'alleanza che Francia e Inghilterra avevano sperimentato non intervenendo in Belgio si infranse sulla questione orientale (Francia pro indipendenza egiziana, GB contro in funzione antirussa). La Francia moderata di Guizot si riavvicinò così all'Austria (appoggiando il separatismo cattolico di alcuni territori della Confederazione elvetica a maggioranza protestante, di cui la GB avrebbe voluto mantenere l'integrità).
  • "Tutto un quarantotto"

    Le rivoluzioni del '48 furono eccezionali per intensità ed estensione. Non sarebbero state possibili senza un biennio di crisi e carestia (la più grave fu quella della patata in Irlanda, un paese di otto milioni di abitanti un milione e mezzo dei quali morirono ed altrettanti migrarono in USA) e senza che gli ideali propagati dagli intellettuali (liberalismo, democrazia, socialismo, nazione) mobilitassero il popolo. Marx ed Engels pubblicano il "Manifesto del partito comunista".
  • Italia

    Preoccupati dai moti insurrezionali Ferdinando II, Carlo Alberto, Leopoldo II e persino Pio IX concessero costituzioni, sia pur moderate. Giunta la notizia dell'insurrezione a Vienna, venne posta con forza la questione nazionale da parte di un nutrito e variegato fronte di insorti a Venezia (Manin) e Milano (Cattaneo). Rivoltosi e sovrani italiani mossero guerra all'Austria (guerra federale) ma presto Carlo Alberto restò solo (guerra regia) e in agosto siglò un armistizio con l'impero asburgico.
  • La Francia della seconda Repubblica

    Il liberalismo e moderatismo del "re borghese" scontentava cattolici e legittimisti per un verso, democratici e socialisti per un altro. Quando egli vietò un banchetto a promozione del suffragio universale, la folla parigina insorse e la Guardia nazionale, inviata a sedare la protesta, si schierò con gli insorti. Il re fuggì ed un governo provvisorio di democratici e socialisti (per la prima volta al potere!) proclamò la repubblica e convocò una costituente da eleggersi a suffragio universale.
  • L'Austria ribadisce il centralismo ma concede la Costituzione

    La rivoluzione dilagò a Vienna e quindi nel vasto e multietnico impero. Ferdinando I sacrificò Metternich e promise la convocazione di un Parlamento a suffragio universale. Ciò non impedì lo scoppio di movimenti indipendentisti (Kossuth in Ungheria, Italia) o autonomtisti (Jelacic in Croazia, Boemia) che vennero comunque repressi in estate. Il giovane neoimperatore, Francesco Giuseppe, concesse una costituzione moderata ed il suffragio censitario ma ribadì il centralismo imperiale.
  • Germania

    La rivoluzione scoppiò anche in Prussia e nell'intera Confederazione germanica. Con grande entusiasmo iniziarono i lavori di una costituente eletta a suffragio universale ma il sogno di rinnovamento ed unione nel solco del liberalismo fallì davanti al conservatorismo della Prussia, che rifiutò la concessione di libertà interne così come la guida di un'unione di stati "piccolo tedeschi" (il progetto di unione dei "grandi tedeschi", abortito sul nascere, prevedeva invece l'egida austriaca).
  • L'assemblea costituente in Francia

    Vennero aboliti limiti alla libertà di riunione, abolita la pena di morte per reati politici, ridotta la giornata lavorativa, reso un diritto il lavoro (osteggiati dai liberali, nacquero gli atelier nationaux per impiegare disoccupati in lavori di pubblica utilità). Si rinunciò, dolorosamente, ad "esportare" all'estero la rivoluzione. Ciononostante, le elezioni a suffragio universale punirono sì i monarchici ma anche i socialisti e premiarono piuttosto i repubblicani moderati.
  • La fine della Seconda Repubblica

    Il popolo insorse, specie dopo che gli atelier furono chiusi ed i disoccupati obbligati alla leva. Una dura repressione ed un reflusso conservatore portarono ad una riforma plebiscitaria e presidenziale. Alle elezioni trionfò Luigi Napoleone Bonaparte (nipote di) che reintrodusse il suffragio censitario ed affidò l'istruzione al clero, realizzò un colpo di stato, sedò una rivolta e infine, forte di un nuovo, trionfo plebiscitario nel 1852 si proclamò imperatore con nome di Napoleone III.
  • Italia

    Eppure i democratici continuarono la lotta e riuscirono ad instaurare repubbliche in Sicilia, a Venezia, in Toscana ed a Roma. Qui nacque la gloriosa Repubblica romana e fu emanata una avanzatissima Costituzione. La repressione austriaca noon si fede attendere: in primavera raggiunse prima Brescia, poi Venezia, la Toscana e Roma. In soccorso del papa calarono anche gli spagnoli e i francesi del Bonaparte, mentre i Borbone si occuparono di riprendere il controllo della Sicilia.
  • Il bonapartismo

    Il regime bonapartista conciliò ricerca del consenso ed autoritarismo. Da un lato sostenne industria, commercio e finanza, favorendo grandi opere pubbliche (il canale di Suez e il riassetto haussmanniano di Parigi). Da un altro controllò stampa e associazioni, aumentò il potere esecutivo ed abusò dello strumento plebiscitario. In politica estera sognò un nuovo impero napoleonico sostenendo il principio di nazione (che minacciava le potenze rivali e favoriva invece l'espansionismo francese).
  • Bismarck al potere

    Otto von Bismarck, tipico esponente junker (nobili proprietari terrieri, conservatori, con ruoli apicali nell'esercito e nella burocrazia), divenne cancelliere l'anno in cui Guglielmo I ascese al trono. La Prussia era allora in piena crescita industriale ed espansione economica poiché esisteva una lega doganale tedesca ma Bismarck sognava l'unità politica tedesca sotto l'egida prussiana.
  • Guerra alla Danimarca

    Egli non credeva però nella soluzione rivoluzionaria, quarantottina, ma nella guerra. Ottenuto l'aumento delle spese militari senza il consenso del Parlamento, mosse inizialmente guerra alla Danimarca, ottenendo così il ducato dello Holstein, insieme all'Austria (che ottenne il ducato dello Schleswig).
  • Guerra all'Austria

    Attaccò poi la stessa Austria, alleandosi con l'Italia. Essa ottenne il Veneto ma la Prussia sottrasse all'Austria la tradizionale leadership degli stati tedeschi, ottenendo la presidenza della Confederazione del Nord. La Francia ottenne però che la Confederazione del Sud restasse alleata economicamente ma indipendente politicamente dalla Prussia.
  • Guerra alla Francia

    Bismarck allora provocò l'attacco francese (col dispaccio di Ems fece credere che un parente di Guglielmo I sarebbe asceso al trono spagnolo) e sconfisse la Francia a Sedan. Parigi insorse e proclamò la Terza Repubblica ma in breve il nuovo governo fu costretto a ratificare la pace e la cessione dell'Alsazia e della Lorena.
  • Il Secondo Reich

    Il 18 gennaio 1871, nel salone degli specchi di Versailles, Guglielmo I è incoronato (dopo Carlo Magno e prima di Hitler) imperatore. A dispetto dell'equilibrio immaginato a Vienna, un "centro debole" per l'Europa, nel cuore del continente è nato uno stato forte in controtendenza rispetto la sua epoca: è nazionale ma illiberale (nato non dalla rivoluzione ma dalla guerra), è industriale ma non borghese (la classe dominante è la nobiltà junker), è animato da un pericolosa "volontà di potenza".
  • La Terza Repubblica

    Caduto l'impero bonapartista, nuove elezioni portarono al governo della Terza Repubblica il moderato Thiers che accettò le durissime condizioni di pace: ingenti riparazioni economiche, presidio militare tedesco a garanzia del pagamento del debito, cessione dell'Alsazia e della Lorena. Il popolo parigino insorse, riorganizzò la Guardia nazionale e rifiutò di consegnare a Thiers i propri cannoni.
  • La Comune di Parigi

    I rivoluzionari proclamarono la Comune di Parigi. Per due mesi sulla città sventolò non il Tricolore la bandiera rossa e regnò la democrazia diretta ed il socialismo. A suffragio universale venne eletto un Consiglio di 90 membri (pagati quanto un operaio specializzato), le fabbriche vennero requisite e trasformate in cooperative operaie, vennero costituiti esercito e tribunali popolari. Il radicalismo cittadino però non contagiò le campagne ed il resto del paese e la Comune restò isolata.
  • La repressione sanguinosa

    Thiers approfittò di questo isolamento. Chiese ed ottenne da Bismarck la liberazione degli ostaggi con cui riunì un forte esercito. 100000 soldati guidati dal maresciallo Mac Mahon nel giro di una settimana massacrarono sovente e a freddo alcune decine di migliaia di comunardi. La Comune fu schiacciata ma divenne un mito: il sogno dei rivoluzionari di tutti i tempi era rimandato di circa quarantasei anni...