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i poemi del ciclo vengono citati per la prima volta nella Poetica di Aristotele, un trattato scritto ad uso didattico, probabilmente tra il 334 e il 330 a.C.. Esso è il primo esempio, nella civiltà occidentale, di un'analisi dell'arte distinta dall'etica e dalla morale.
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Originario della città di Sicca Veneria in Africa, Proclo fu l'istitutore dell'imperatore romano Marco Aurelio che fu nominato console da egli stesso, che in suo onore pagò le spese per i giochi. Non si conosce nessuna sua opera certa, ma è abbastanza diffusa l'opinione che lui sia l'autore della Crestomazia, la più importante fonte di informazioni sui poemi che componevano il Ciclo epico arrivata sino a noi
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Il patriarca bizantino
Fozio (sec. IX) ha tramandato nella sua Biblioteca il riassunto del ciclo troiano che aveva desunto dalla Crestomazia del filosofo neoplatonico Proclo (secolo v), che a sua volta ne aveva una conoscenza sommaria e indiretta. -
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Il Venetus A risale alla metà del X secolo[1]. Tutti i testi conservati dal manoscritto, tra i quali l'Iliade, le note critiche e due gruppi di scoli di mani diverse, risalgono allo stesso periodo.
Non sappiamo con esattezza quando il Venetus A fu portato in Italia. Si riteneva che fu Giovanni Aurispa a portarlo in Italia.[2] In una lettera del 1424 a Traversari Aurispa dice di aver portato quattro volumi dalla Grecia.