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Stipulazione: Il trattato fu siglato nel 493 a.C. dal console Spurio Cassio, da cui prende il nome di Foedus Cassianum (Trattato Cassiano).
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Una delle spiegazioni più lineari suggerisce che, nel periodo 444-367 a.C., i consoli non furono sostituiti, ma affiancati dai tribuni consolari.
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Un ricco plebeo, intervenne distribuendo a proprie spese grano ai poveri.
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La Lega, con a capo Taranto,però, fu impegnata a fronteggiare le mire del tiranno di Siracusa, Dionisio, e non riuscì a impedire l'avanzata né dei Lucani né dei Bruzi. Nel 360 a.C., la Lega si disgregò, costringendo le singole città a cercare soluzioni autonome.
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Volsci furono costretti a cedere la pianura Pontina e gli Ernici parte dei loro territo
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Nel 342 a.C., Taranto si rivolse a Sparta, che inviò il suo re Archidamo III; tuttavia, questi perse la vita nel 338 a.C
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i Sanniti attaccarono la città di Teano, abitata dai Sidicini. Questi ultimi si rivolsero a Capua per chiedere aiuto, e Capua, a sua volta, chiese l'intervento romano.
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L'accordo riconosceva a Roma il controllo della Campania e ai Sanniti il controllo su Teano.
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L'insoddisfazione dei Campani e dei Sidicini per gli esiti della Prima Guerra Sannitica si unì alla volontà dei Latini di distaccarsi dall'alleanza con Roma e al desiderio dei Volsci di prendersi una rivincita
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Nel 334 a.C., i Tarantini fecero appello ad Alessandro il Molosso (zio di Alessandro Magno), ma i rapporti con Taranto si deteriorarono in seguito, e il Molosso morì in battagli
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una abolì la schiavitù per debiti (nexum).Nel 326 a.C. (secondo Livio) o nel 313 a.C. (secondo Varrone)
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Un evento significativo fu la proroga del comando di Publio Filone nel 326 a.C. con il titolo di proconsul, rappresentando il primo caso di proroga dell'imperium su decisione del Senato.
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La fondazione di colonie di diritto latino a Cales e Fregelle, in un'area che i Sanniti consideravano di loro pertinenza, provocò una nuova crisi tra Roma e i Sanniti. La causa concreta della Seconda Guerra Sannitica (326 – 304 a.C.) si individua a Napoli, dove le masse popolari erano favorevoli ai Sanniti, mentre le classi più agiate nutrivano sentimenti filo-romani.
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Gli eserciti romani furono circondati al passo delle Forche Caudine e costretti alla resa. Non è chiaro se fu siglata una vera e propria pace formale o solo una tregua momentanea.
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Appio Claudio Cieco, assicurava le comunicazioni tra Roma e Capua e connetteva alcune tribù di recente creazione
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La pace del 304 a.C. portò al rinnovo del trattato di alleanza tra Roma e i Sanniti del 354 a.C., ma Roma tornò definitivamente in possesso di Fregelle e Cales.
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i Romani strinsero nel 303 A.C. un patto con Taranto in cui si impegnavano a non oltrepassare Crotone con le loro navi, riconoscendo implicitamente la sfera d'influenza tarantina.
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Nel 300 a.C., un plebiscito Ogulnio consentì ai plebei l'ingresso nei due importanti collegi sacerdotali dei pontefici e degli àuguri.
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Nel 298 a.C., i Sanniti attaccarono alcune comunità della Lucania, e Roma intervenne. Tuttavia, alcune città lucane si schierarono con i Sanniti, complicando il quadro. A nord, il comandante supremo dei Sanniti, Gellio Egnazio, riuscì a formare una vasta coalizione antiromana che comprendeva anche Etruschi, Galli e Umbri.
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I consoli romani Quinto Fabio Rulliano e Publio Decio Mure riuscirono a prevalere su Sanniti e Galli
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A nord, Umbri ed Etruschi furono costretti a concludere trattati che li legavano a Roma già nel 294 a.C.
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Fine della Resistenza Sannitica: L'ultimo esercito sannita venne massacrato dai Romani ad Aquilonia nel 293 a.C. I Sanniti furono così costretti a chiedere la pace nel 290 a.C., sottomettendosi all'egemonia romana.
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il plebeo Quinto Ortensio fu nominato dittatore. Egli propose e fece approvare un provvedimento cruciale: la Legge Ortensia.
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Un decennio più tardi, nel 283 a.C., un nuovo tentativo dei Galli, alleati di alcune città etrusche, di penetrare il territorio romano fu bloccato nella decisiva battaglia del Lago Vadimonio.
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Nel 282 a.C., Turi, una città greca sulle coste calabresi del Golfo di Taranto, minacciata dai Lucani, chiese aiuto a Roma
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Vistisi circondati, i Piceni tentarono una guerra contro Roma nel 269 a.C., ma furono costretti alla resa. In parte vennero deportati, in parte ricevettero la civitas sine suffragio.
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su richiesta degli aristocratici locali: la città venne presa, distrutta e rifondata. Questo episodio illustra il pesante intervento di Roma negli affari interni di una città alleata e lo speciale rapporto che legava la potenza egemone alle élite dirigenti locali.
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La controffensiva romana colpì le città dell'Etruria meridionale, poi raggiunse l'Etruria settentrionale e la vicina Umbria. Nel 264 a.C., tutte le comunità dell'Etruria e dell'Umbria erano ormai nella condizione di socii di Roma, ad eccezione di Cere, cui fu concessa la civitas sine suffragio.
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