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Antica colonia fenicia fondata nell'814 aC sulle coste dell'attuale Tunisia. Grazie alla sua posizione divenne ben presto una ricca e fiorente città, centro commerciale del Mediterraneo occidentale. Grazie ai commerci e alla propria flotta navale aveva costruito un impero nel mediterraneo, che toccava: Nord Africa, Spagna, Sicilia, Sardegna e le colonie della Magna Grecia.
Inizialmente i rapporti con Roma erano buoni e si erano stretti alcuni trattati commerciali e militari tra le due città. -
Inizio età regia di Roma
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Fondatore di Roma e primo re della città. Secondo il mito fu abbandonato alla nascita in una cesta lungo il Tevere, insieme al suo gemello Remo. Dopo essere stati allattati da una lupa e allevati da un pastore, i due gemelli fondarono una nuova città, entrando in conflitto per chi dovesse esserne il capo. Vinse Romolo, che tracciò con l’aratro un solco per indicare i confini della città; Remo, mosso da invidia, scavalcò il solco e venne ucciso.
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Prima forma di governo nella storia di Roma
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Soprannominato il "pio", riforma il calendario
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Soprannominato re "guerriero"
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Fondatore di Ostia, città che consentì a Roma di avere uno sbocco marittimo
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Primo re di origine etrusca
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Origini etrusche, soprannominato il "rifondatore"
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Ultimo re di Roma, soprannominato il "tiranno"
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Le comunità dei popoli latini cercano di opporsi all’espansione di Roma e questo causa violenti conflitti in Lazio. Secondo la leggenda la battaglia del Lago Regillo è vinta dai Romani, grazie al miracoloso intervento dei Dioscuri Castore e Polluce, figli di Zeus. Più probabilmente l’esito della battaglia è incerto: essa segna però la fine dei conflitti e la nascita di un patto di alleanza (la “Lega Latina”) fra Roma e le altre città laziali.
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Questo è il nome del primo codice di leggi scritte in vigore a Roma, realizzato intorno alla metà del V secolo da una commissione di dieci magistrati (decemviri). L’importanza di queste tavole consiste nel fatto che esse segnano il passaggio dal diritto consuetudinario, a un insieme di norme scritte visibili a tutti, che pertanto non era più possibile manomettere o modificare a piacimento. Nelle tavole di bronzo che costituivano il codice era disciplinato ogni aspetto del diritto.
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I Romani, sotto la guida di Furio Camillo, conquistano dopo un lungo assedio la città etrusca di Veio, che da tempo contendeva loro il controllo del fiume Tevere e impediva l’espansione verso nord. La città è annessa al territorio di Roma e gli abitanti vengono ridotti in schiavitù. Questa conquista segna l’inizio dell’espansione romana oltre il Lazio.
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Una banda di Galli Senoni guidati da Brenno attraversa l’Etruria tra incursioni e razzie, raggiungendo il Lazio: essa sconfigge l’esercito romano e saccheggia Roma. I Galli accettano di ritirarsi solo dopo aver riscosso un abbondante riscatto per l’abbandono della città.
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Roma era diventata una città potente e ampia e risultava pericolosa per i popoli italici, in particolare per i Sanniti.
Iniziarono quindi una serie di guerre definite appunto sannitiche.
Le informazioni ci sono date da Tito Livio che scrisse una serie di libri, precisamente 142, che raccontano la storia di Roma dalla fondazione della città: "AB URBE CONDITA LIBRI" -
La lega latina si sciolse e nel 340 Publio Descio vinse i Latini e li sottomise.
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Questa battaglia fu la più disastrosa per Roma che vide i romani sconfitti. Questo accadde perché la battaglia venne combattuta in zone appenniniche dove non erano possibili gli usuali scontri frontali ai quali erano abituati i romani.
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Durante la Seconda guerra sannitica (326-304), Roma subisce una pesante sconfitta: l’esercito romano viene imbottigliato in una valle presso le Forche Caudine, costretto alla resa e disarmato. I soldati sono fatti passare sotto un giogo simbolico formato da tre lance, in segno di sottomissione: questo episodio rimarrà impresso come uno dei momenti peggiori della storia militare romana.
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Roma riorganizzò l'esercito in piccoli manipoli di 100 uomini, nel frattempo i Sanniti si allerono con Senoni, Umbri e Etruschi per riuscire ad ostacolare i romani. Ma nel 295 aC i romani vincono i Sanniti presso il Vesuvio.
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L’ultimo ostacolo all’espansione romana nella penisola italica è costituito dalla colonia greca di Taranto, che chiede aiuto a Pirro, re dell’Epiro, a sua volta interessato a espandere il suo regno in Italia meridionale. L’esercito epirota, provvisto di elefanti da combattimento, si scontra con quello romano in Lucania, dove ottiene due iniziali vittorie in cui tuttavia riporta gravi perdite (da cui l’espressione “vittoria di Pirro”): la resistenza romana non si placa.
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Dopo essere stato definitivamente sconfitto dai Romani nella battaglia di Benevento (275), Pirro rientra in Grecia con il suo esercito. La città di Taranto si arrende ai Romani, che completano così l’occupazione della Puglia e della Calabria.
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Roma invade la Sicilia, inizio guerre puniche
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La guerra scoppia perché Roma nel 264 aC invade la Sicilia.
- occupa Messina;
- costringe Siracusa alla resa;
- conquista tutta la Sicilia orientale fino ad Agrigento.
Questa guerra durò 23 anni e si combatté per lo più in mare.
si concluse con la sconfitta dei Cartaginesi e con la completa conquista della Sicilia da parte di Roma. -
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I contrasti con Cartagine si riaprirono quando Annibale Barca passando per la Spagna ruppe il trattato dell'Ebro e giunse in Italia con 30.000 uomini e 37 elefanti.
Dopo una serie di vittorie da parte dell'esercito cartaginese Roma si riorganizzò, fece infatti sbarcare le truppe in Africa costringendo Annibale a tornare.
Nel 202 aC a Zama, Publio Cornelio Scipione l'Africano sconfisse Annibale distruggendo la potenza Cartaginese. -
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Dopo aver attraversato le Alpi, i Cartaginesi guidati da Annibale ottengono numerose vittorie (sul Ticino, sul fiume Trebbia e sul lago Trasimeno), spingendo molti Galli a unirsi a loro e gettando Roma nel terrore. La più pesante delle sconfitte romane è presso il villaggio di Canne, dove l’esercito viene completamente travolto e il console Lucio Emilio Paolo ucciso in battaglia.
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Dopo le sconfitte subite ad opera di Annibale (216), Roma organizza la controffensiva che le permette di riconquistare alcune città perdute (Capua e Siracusa) e di sconfiggere Annibale nella battaglia di Zama. Il trattato di pace obbliga i Cartaginesi a rinunciare a tutti i possedimenti al di fuori dell’Africa, sancendo il termine della Seconda guerra punica.
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Tito Quinzio Flaminio sconfisse l'armata Macedone a Cinoscefele e costrinse Filippo V a versare una grande indennità di guerra e ad abbandonare tutti i possedimenti fuori dalla Macedonia.
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Roma proclama la libertà ai Greci
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Si conclude con la battaglia di Pidna vinta da Lucio Emilio Paolo e segna la fin del regno di Macedonia.
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Marco Porcio Catone incita alla completa distruzione di Cartagine pronunciando la famosa frase: "DELENDA CARTAGO". Così nel 146 aC Lucio Cornelio Scipione l'Emiliano distrugge Cartagine.
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Nel 133 aC viene eletto tribuno della plebe Tiberio S. Gracco. Egli voleva alleviare la condizione dei cittadini impoveriti quindi fa approvare la "LEX SEMPRONIA AGRARIA" e per far in modo che non venisse annullata si fece rieleggere una seconda volta. Ma per questo venne ucciso, nonostante fosse dotato di sacrosantitas.
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Fratello di Tiberio S. Gracco, vuole far approvare nuovamente la "lex sempronia agraria".
Inoltre promulga una legge per la doppia candidatura e cerca di dare la cittadinanza romana anche ai soci italici. Questo però provoca uno scontro che termina con l'uccisone di entrambi i tribuni. -
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sedata da Silla
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POMPEO E CRASSO SCONFIGGONO SPARTACO E I GLADIATORI PRESSO IL FIUME SELE
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formato da POMPEO, CRASSO E CESARE
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SCONFITTA CESARICIDI
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formato da ANTONIO, OTTAVIANO E LEPIDO
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Ottaviano si fa eleggere console per diversi anni consecutivi e si fa attribuire dal Senato il titolo di Augustus, ovvero “degno di venerazione”. Il suo obiettivo è di modificare progressivamente la costituzione per poter governare come un sovrano, ma senza dichiararsi tale. In questo periodo intraprende anche una serie di campagne militari volte alla difesa dei confini e alla conquista di nuovi territori.
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Monumento celebrativo della pax augusta, fatto erigere da Ottaviano per celebrare le sue vittorie militari e l’inizio di una nuova era di pace. L’ara pacis era costituita da un recinto quadrato, all’interno del quale si trovava un piccolo altare per i sacrifici.
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Le popolazioni Germaniche, da poco conquistate, si ribellano e tendono un’imboscata ai Romani nella foresta di Teutoburgo, sterminandoli. Varo, il comandante della spedizione, si suicida in seguito alla disfatta. Augusto rinuncia al progetto di conquista della Germania e il confine viene stabilito lungo il Reno e il Danubio.
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Augusto muore a Nola all’età di settantasei anni, dopo aver indicato come suo successore il figliastro Tiberio; il Senato ratifica la sua elezione alla carica di princeps, che formalmente non è ereditaria. Tiberio avvia un processo di consolidamento del potere imperiale e di controllo dei confini con l’aiuto del nipote Germanico, che sconfigge ripetutamente i Germani.
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Alla morte di Tiberio sale al potere suo nipote Gaio, soprannominato “Caligola”. Il suo breve impero è caratterizzato dall’eliminazione fisica degli oppositori e da violenti scontri con la classe senatoria, che lo dipinge come un sovrano completamente folle. Il suo progetto è piuttosto quello di trasformarsi in un sovrano assoluto, esautorando completamente l’autorità senatoria.
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Caligola muore in seguito a un colpo di stato organizzato dai pretoriani. I militari, scavalcando l’autorità del Senato, proclamano imperatore Claudio, un altro membro della gens Iulia, che governerà con abilità e moderazione.
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Claudio muore avvelenato dalla moglie Agrippina, la quale riesce a far salire al trono suo figlio di primo letto, l’allora diciassettenne Nerone. Dopo i primi anni di governo moderato sotto la guida del filosofo Seneca, l’atteggiamento dell’imperatore diventa sempre più dispotico: il palazzo reale si trova al centro di una serie di intrighi e congiure per il potere.
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Le legioni spagnole proclamano imperatore Galba. La sommossa si estende fino a Roma, dove Nerone si suicida: con la sua morte si conclude la dinastia Giulio-Claudia. Se i pretoriani impongono come loro imperatore Otone, le legioni lungo il Reno sostengono invece Vitellio, mentre l’esercito d’Oriente proclama imperatore il generale Flavio Vespasiano: quest’ultimo avrà la meglio sugli altri pretendenti e riuscirà a insediarsi a Roma, dando inizio alla dinastia flavia.
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La costruzione dell’anfiteatro flavio, meglio noto come “Colosseo” fu iniziata da Vespasiano e portata a termine dal figlio Tito. È il più grande anfiteatro del mondo ed è situato al centro della città di Roma. Di forma ellittica, è strutturato su tre arcate e poteva contenere circa cinquantamila spettatori. A partire dal VI secolo cadde in disuso e nel Medioevo fu utilizzato come cava di materiali.
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Vespasiano designa come suoi successori i figli Tito e Domiziano, inaugurando così la trasmissione ereditaria del titolo imperiale. Il regno di Tito è segnato dalla catastrofe provocata dall’eruzione del Vesuvio, che distrugge le città di Pompei ed Ercolano.
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Alla morte di Tito sale al trono suo fratello minore, Domiziano, che rinnova la tendenza autoritaria del principato e assume atteggiamenti persecutori nei confronti degli Ebrei e dei Cristiani. Domiziano guida nuove spedizioni militari conquistando alcuni territori oltre il Reno. Dopo alcuni anni di relativa tolleranza verso le comunità cristiane da parte del governo romano, l’imperatore Domiziano si fa promotore di una nuova persecuzione.
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Domiziano muore in seguito a una congiura dei pretoriani: con lui ha fine la dinastia flavia. Il potere passa nelle mani di un anziano senatore, Nerva, che prende in adozione il generale Traiano, di origine spagnola.
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Alla morte di Nerva, Traiano assume la carica imperiale, divenendo così il primo imperatore provinciale. Egli inaugura un’importante politica di lavori pubblici ed estende ulteriormente i confini dell’Impero con nuove campagne militari. Sotto il suo regno l’Impero romano raggiunge i suoi massimi confini, estendendosi dalla Dacia, alla Mesopotamia, al Regno dei Parti.
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Alla morte di Traiano il potere passa al suo erede adottivo, Elio Adriano, anch’egli di origine spagnola. Adriano è un uomo di grande cultura letteraria e artistica; rinuncia a un’ulteriore espansione dell’Impero e abbandona alcune province, dedicandosi al consolidamento dei confini in Britannia, dove porta a termine la costruzione di un vallo difensivo, tutt’ora noto come “Vallo di Adriano”.
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Alla morte di Adriano il potere passa al suo figlio adottivo, Antonino Pio, originario della Gallia, il quale dà inizio alla dinastia antonina. Egli mantiene un atteggiamento di rispetto verso il Senato, a cui restituisce importanti competenze, e si mostra tollerante verso i vari culti religiosi, proseguendo la politica di pax romana che era stata propria di Adriano.
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Alla morte di Antonino, l’Impero passa nelle mani del figlio adottivo Marco Aurelio. Noto anche come “l’imperatore filosofo”, egli è seguace della filosofia stoica e autore di un libro di meditazioni. In questo periodo termina per l’Impero l’era di prosperità e inizia un periodo di crisi, inaugurato dalla contemporanea ribellione dei Germani e dei Parti. Nel 165, inoltre, un’epidemia di peste decima la popolazione.
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A Marco Aurelio succede il figlio naturale Commodo, evento che segna la fine del principato adottivo e il ritorno a quello dinastico. Commodo, diversamente dal padre, assume un atteggiamento autocratico e persegue una politica finanziaria avventata. Una congiura di palazzo mette fine al suo regno nel 192.
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Alla morte di Commodo (vedi 180), l’esercito e i pretoriani sono di nuovo in conflitto per il potere. Dopo un periodo di rivolte e ammutinamenti Settimio Severo, comandante dell’esercito stanziato sul Danubio, occupa Roma e fonda una nuova dinastia. Durante il suo regno egli rafforza l’apparato bellico e favorisce i militari, a scapito dell’aristocrazia senatoria.
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Il figlio di Settimio Severo, Caracalla, sale al trono dopo la morte del padre durante una campagna militare. Caracalla fa assassinare dai pretoriani suo fratello Geta, che avrebbe dovuto essere co-imperatore, e cerca di conquistarsi la fiducia dell’esercito distribuendo grandi somme di denaro. Di conseguenza il suo regno vede un aumento della pressione fiscale. Anch’egli morirà però di morte violenta, per mano del prefetto del pretorio che cerca di impossessarsi del trono.
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I Severi riprendono possesso del trono imperiale, proclamando imperatore il quattordicenne Marco Aurelio Antonino. A causa della giovane età del sovrano, il potere è di fatto gestito dalle donne della famiglia imperiale. L’imperatore si dedica alla celebrazione di culti orientali e di cerimonie esotiche, proclamandosi sacerdote del dio Sole: dal nome del tempio della divinità solare El Gabal, in Siria, deriva infatti il suo soprannome, “Elagabalo”.
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I pretoriani uccidono Eliogabalo e le donne della famiglia imperiale favoriscono l’ascesa al trono del giovane Alessandro Severo. Egli cerca di limitare lo strapotere dei militari e di restaurare buoni rapporti con il Senato: per questo motivo verrà assassinato dall’esercito nel corso di una campagna militare.
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L’esercito proclama imperatore il centurione Massimino, soprannominato “il Trace” a causa della sua regione di provenienza (un villaggio della Tracia). Si tratta del primo imperatore di umili origini e completamente estraneo alla mentalità e alla cultura romana: Massimino non si recherà nemmeno nella capitale per ricevere il titolo imperiale.
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Una cospirazione senatoria pone fine al regno di Massimino. Inizia così un periodo di anarchia militare, in cui il ceto senatorio e i militari, che rappresentano i due poteri fondamentali dello Stato, non riescono a trovare un accordo. Fino al 284 non sarà più possibile fondare una dinastia stabile e il titolo imperiale passerà di mano in mano, con gravi effetti sull’economia e sulla sicurezza dell’Impero.
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Il generale Decio, che assume il titolo imperiale per un paio di anni, mette in atto una persecuzione spietata e sistematica contro i cristiani. Muore cadendo da cavallo nel corso di un combattimento contro i Goti.
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La situazione economica di Roma è al collasso e l’Impero viene attaccato da ogni parte ai confini. L’imperatore Valeriano instaura per la prima volta una divisione dell’Impero, affidando al figlio Gallieno il controllo sulla parte occidentale.
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Aureliano, comandante di origine balcanica, riporta sotto l’autorità romana i regni delle Gallie e di Palmira, che si erano proclamati indipendenti, e riunisce tutto l’Impero sotto il suo dominio. Per proteggere Roma dalle incursioni barbariche, egli dà inizio alla costruzione di imponenti mura difensive.
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Nella seconda metà del III secolo l’imperatore Aureliano, preoccupato della minaccia di un attacco barbaro su Roma, iniziò la costruzione di imponenti mura difensive intorno alla città. Si trattava della seconda cinta muraria di cui si dotava la capitale nel corso della sua storia: la prima risaliva ai tempi di Servio Tullio (540 a.C.). Nonostante le mura non fossero molto alte, il loro spessore era tale da fermare una banda barbara che non fosse preparata a condurre un lungo assedio.
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Il potere passa nelle mani di Diocleziano, un soldato di umili origini che però è in grado di ripristinare l’ordine e difendere i confini in maniera efficace. Per conservare l’unità dello Stato e rafforzare il potere imperiale, egli riorganizza l’esercito e suddivide l’Impero in quattro regioni più ampie, ciascuna con una propria capitale e governata da un personaggio di dignità imperiale. Per questo motivo il suo governo è chiamato tetrarchia (“governo di quattro”).
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Dopo l’abdicazione di Diocleziano sale al potere Costantino, l’ultimo grande imperatore della storia romana. Egli riunirà di nuovo le quattro parti dell’Impero sotto un unico governo, dando così inizio a una nuova dinastia, e fonderà una nuova capitale nella parte orientale dell’Impero, nel luogo dell’antica Bisanzio, che da lui prenderà il nome: Costantinopoli. Alla sua morte, nel 337, il potere passerà nelle mani dei suoi figli Costantino II, Costante e Costanzo.
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Nella battaglia di Ponte Milvio, a Roma, Costantino sconfigge il suo rivale Massenzio e rimane l’unico imperatore della parte occidentale dell’Impero.
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Tramite la promulgazione dell’Editto di Milano, Costantino garantisce libertà di culto a tutti i credenti di tutte le religioni, nella linea di una politica di tolleranza religiosa. Egli stesso si converte, creando così un vincolo di solidarietà fra l’Impero e la Chiesa. Questo editto costituisce una tappa fondamentale nella storia del Cristianesimo: un numero sempre maggiore di cristiani comincia infatti a occupare cariche importanti nell’amministrazione dello Stato e dell’esercito.
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Costantino, nelle vesti di tutore della religione cristiana, inaugura il Concilio di Nicea, la prima riunione ecumenica (cioè universale) dei vertici delle gerarchie ecclesiastiche. In questa sede viene sconfessata e indicata come eretica la dottrina ariana, che sosteneva la natura esclusivamente umana di Cristo.
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Giuliano, di nuovo imperatore unico dopo la morte degli altri discendenti di Costantino, tenta una restaurazione del paganesimo, ripristinando templi e culti della religione antica: per questo viene definito “apostata”, ovvero disertore della religione cristiana. Il suo tentativo non sopravvivrà però alla sua morte, avvenuta nel corso di una guerra contro i Persiani.
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L’imperatore d’Oriente Teodosio cerca un accordo con i Visigoti, che erano ormai penetrati nei territori dell’Impero d’Oriente e avevano sconfitto l’esercito romano nella battaglia di Adrianopoli (378). Essi si stanziano così nelle province danubiane come alleati dell’Impero. La prima generazione di militari goti si integra nella società romana, sposando matrone dell’aristocrazia ed entrando a far parte delle file dei cortigiani imperiali.
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Gli imperatori Teodosio e Graziano promulgano congiuntamente un editto tramite il quale il cristianesimo diventa la religione ufficiale dell’Impero e, di conseguenza, l’unica ammessa. Gli altri culti vengono così aboliti e cominciano le persecuzioni contro i pagani.
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Alla morte di Teodosio l’Impero viene diviso fra i suoi due figli, Arcadio e Onorio, che non hanno capacità politiche. I Visigoti penetrano in Italia sotto la guida di Alarico, seguiti dagli Ostrogoti: il generale Stilicone cerca di fronteggiarli con discreto successo, ma subisce l’ostilità dell’aristocrazia romana.
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Alarico scende in Italia senza incontrare resistenza e saccheggia Roma, mettendola a ferro e fuoco per tre giorni. Si tratta del primo saccheggio subito da Roma dopo quello dei Galli (vedi 390 a.C.).
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I Vandali, guidati da Genserico e provenienti da Cartagine, assalgono Roma e la mettono sotto assedio per quattrodici giorni. La città è priva di un potere politico e militare: a rimanere è solo papa Leone I, che patteggia con Genserico le modalità del saccheggio.
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Il capo delle milizie barbariche, Odoacre, depone e manda in esilio l’ultimo imperatore d’Occidente, Romolo Augustolo. Odoacre diventa governatore dell’Italia, formalmente per conto dell’imperatore d’Oriente Zenone, ma di fatto comportandosi come un sovrano indipendente. Così si estingue l’Impero romano d’Occidente.